È buona educazione presentarsi! O no? Meglio spiegarlo ai "sedicenti comparatori"

Sul tema oggetto della campagna Uea contro la disintermediazione del servizio assicurativo riportiamo il contributo del consigliere Uea Carlo Colombo che si concentra i particolare sugli obblighi di informazione, trasparenza e adeguatezza dell'offerta che l'intermediario è tenuto a rispettare nel momento in cui si interfaccia con l'utente

Più passa il tempo, più si approfondisce il mondo dei “sedicenti comparatori” e più si apprezza l'iniziativa ed il grido di allarme lanciato da Uea da oltre un anno e che, col passare del tempo, ha trovato un sempre più vasto accoglimento da parte di associazioni, intermediari, studiosi ed operatori del settore.
Il legislatore europeo, ritenendo il settore assicurativo di vitale importanza per i cittadini e l'economia dell'Europa, ha ritenuto di normarlo in modo attento e completo al fine di garantire una crescita ordinata del mercato ed un'adeguata tutela dell'assicurato.
Gli operatori sono tenuti a rispettare queste norme e non devono eluderle e infrangerle per poi pretenderne il cambiamento a proprio uso e consumo, magari grazie all'appartenenza a un potentato economico e/o politico.

Mi è stato insegnato che l'intermediario debba dichiararsi tale da subito al potenziale assicurato, qualificandosi e chiarendo in quale sezione del Rui opera, nonché declinando compiutamente l’elenco delle compagnie con le quali intrattiene rapporti e tramite le quali valuterà le differenti offerte, al fine di ricercare soluzioni adeguate alle esigenze del potenziale cliente, per poi formalizzare il tutto con la consegna dei modelli 7a 7b ed il modulo di verifica dell’adeguatezza prima della conclusione del contratto o della sottoscrizione di proposte (ammesso che si tratti di intermediario!).
Già l’inserimento dei dati nella “maschera” predisposta dal sedicente compratore ed il seguente invio secondo voi non rappresenta una “proposta” che tramite lo stesso viene inviata a più compagnie? E i potenziali clienti ricevono il modello 7a e 7b?
L'internauta che si imbatte in un comparatore, di norma, ha la percezione di trovarsi di fronte a un intermediario? Per trovare la risposta, basterebbe chiederlo ai clienti che si sono assicurati tramite un comparatore... Io ritengo di no!
A me pare che i sedicenti comparatori non amino presentarsi come intermediari che invitano il potenziale cliente a utilizzare l'applicazione di comparazione presente sul loro sito, preferendo invece apparire con un nome di fantasia, facendosi percepire come dei benefattori che gratuitamente e per fini filantropici (o solo con l'introito dell’eventuale pubblicità che appare sul sito), in modo imparziale, si adoperano per trovare la migliore soluzione alle esigenze di chi li consulta, senza spiegare i criteri adottati per individuare la miglior soluzione (solidità della compagnia, presenza capillare degli uffici liquidazione danni sul territorio, esiguità di sanzioni Ivass comminate, completezza della garanzia ecc.), e chiarire in modo trasparente le “formule magiche” con le quali individuano l'offerta ottimale.

Che i sedicenti comparatori eludano l'obbligo di proporre “soluzioni adeguate” alle esigenze del potenziale cliente, non vi pare sia già ampiamente provato dalla qualità ed esiguità delle domande poste allo stesso? Si può addirittura arrivare al caso eclatante di www.segugio.it dove mi risulta che addirittura alle “condizioni di utilizzo” al punto 1.1 (si veda il link in fondo alla pagina ) gli stessi precisino che “non sono in grado di garantire la comparazione completa di tutti prodotti e di tutte le tariffe dei propri 18 partner”.
Ma sono o non sono dei broker?
E come può un broker non comparare i prodotti offerti dalle compagnie con le quali collabora per verificarne la rispondenza alle esigenze dei potenziali clienti?

Che i sedicenti comparatori svolgano attività di intermediazione mi pare che non sia messo in dubbio da nessuno. Che alcuni di questi ultimi, addirittura, non siano neanche iscritti al Rui, è cosa talmente grave che il Codice delle Assicurazioni all'articolo 108 prevede una reclusione da 6 a 24 mesi ed una multa che va dai 10.000 ai 100.000 euro.
Ma i sedicenti comparatori rispettano le norme sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti, delle regole di presentazione e comportamento e dell'informativa pre e post contrattuale (l’art. 310 del CdA sanziona il non rispetto con importi che vanno dai 5000 ai 50.000 euro)?
Ed ancora, offrono preventivi personalizzati con la “nota informativa” e le “condizioni generali di assicurazione” (che l’art. 313 del CdA in caso di inadempienza sanziona con un importo minimo di 1.000 euro fino ad un massimo di 10.000) verificandone la comprensione da parte del cliente?
E la “nota informativa” viene consegnata per evitare la sanzione che va da 2500 a 25.000 euro? Da sempre l'intermediazione a distanza ha rappresentato un aspetto particolarmente delicato, prestandosi a maggiori rischi di illegalità dovuti alla mancanza di una persona ed un luogo fisico e prossimo al quale potersi rivolgere per chiarimenti e richieste di adempimento, tanto da far nascere nell’Autorità di vigilanza l'esigenza di emanare un regolamento specifico.

Per quelli che ritengono i sedicenti comparatori un'evoluzione positiva tout court, al di sopra della legge, mi permetto di far notare che, a fronte di provvigioni che arrivano ad essere multiple di quelle percepite da un intermediario professionale, gli stessi offrono un servizio di norma molto limitato, che finisce con l'accompagnare il potenziale cliente alla compagnia prescelta, senza poi interessarsi minimamente della gestione del contratto e dell'assistenza in caso di sinistro.
Spesso, tra l'altro, nonostante i lauti compensi, le società che gestiscono i sedicenti preventivatori hanno bilanci in rosso.
E questa sarebbe l'evoluzione positiva che viene richiesta al settore? O piuttosto, questo non è altro che il tentativo di alcuni potentati economici e/o politici di fare business fine a se stesso, approfittando di una problematica sociale scottante, adottando tecniche di vendita al pari di quelle dei prodotti di consumo di massa? Credo, cosi come Uea ci insegna, che in questo delicato e complesso settore, peraltro ad elevata valenza sociale, non sia questa la condotta corretta e trasparente per aiutare, concretamente ed autenticamente, il cittadino-consumatore, né tanto meno per far evolvere la concorrenza nel mercato.

Carlo Colombo, Consigliere Uea

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