Negli ultimi mesi, tra novembre 2016 e febbraio 2017, abbiamo letto sugli organi di stampa nazionali delle pesanti condanne, penali e pecuniarie inflitte ai responsabili di due importanti scandali finanziari che hanno riguardato il sistema assicurativo.
Nel primo caso, quello di Fondiaria-Sai, non sono stati interessati gli assicurati, nonostante il tutto sia scaturito dalla grave violazione delle norme che regolano le riserve sinistri, cui tutte le compagnie devono, per legge, attenersi, ma migliaia di piccoli azionisti. Forse proprio per questa ragione la vicenda giudiziaria è stata oggetto di attenzione più nelle pagine di cronaca finanziaria dei giornali che sulle riviste del settore assicurativo, e da esso quasi dimenticato.
Nel secondo caso, quello di Carige, si rientra nel più grave problema che riguarda parte del sistema bancario italiano per i cosiddetti crediti inesigibili, ma nella fattispecie attinenti ad improprie operazioni immobiliari della Compagnia di assicurazioni del Gruppo.
Ora, non voglio certamente entrare nel merito di questioni che sono state ampiamente dibattute ed approfondite dai giudici come dai mass media, né tanto meno parlare delle "falle" del nostro sistema bancario, ma porre l'attenzione sulle regole e la loro violazione, che ha determinato le sentenze.
Si potrebbe forse sostenere che il sistema abbia funzionato e che la legalità sia stata rispettata e ripristinata. Avremmo, da cittadini, sicuramente preferito che la normativa avesse impedito determinati comportamenti o per lo meno che lo Stato, attraverso gli organi a ciò deputati – che sembrano accorgersi del problema solo e sempre per ultimi, quando tutti sanno, ma nessuno agisce – fosse intervenuto più tempestivamente per fermare questi circuiti "viziosi", prima che migliaia di cittadini, come assicurati, clienti o "consumatori" di servizi, ne dovessero patire le conseguenze.
Ora, queste esperienze hanno prodotto una nuova e recente norma, nota come "salva banche", che tutela i risparmiatori, con costi a carico della collettività (20 miliardi di fondi), ed importa relativamente sapere se i responsabili verranno individuati e condannati.
La norma, legge n.15 del 17 febbraio 2017, prevede, all'articolo 24 bis, programmi di educazione finanziaria, previdenziale ed assicurativa che dovrebbero, rendendo maggiormente consapevoli i cittadini, evitare di essere vittime di comportamenti fraudolenti da parte di pirateschi operatori senza scrupoli.
Come cittadino, ed ancor più come consigliere UEA, non posso che plaudire ad un'iniziativa volta a diffondere la cultura assicurativa e finanziaria, principio chiave del nostro Codice Morale e tra gli scopi fondanti della nostra Associazione. Valori per i quali, UEA era stata coinvolta dal Comune di Milano già nel 2012 per un progetto che aveva come oggetto proprio la diffusione della cultura in materia.
Certamente, la consapevolezza che la conoscenza porta con sé, è un elemento importante, diremmo necessario, perché il cittadino in proprio si possa "auto tutelare" e noi di UEA siamo pronti a fare la nostra parte di diffusione culturale, ma da sola non sufficiente.
È indispensabile che gli organi dello stato preposti, senza compromessi o "tolleranze", spesso imbarazzanti per il sistema, con norme appropriate che facilitino il loro agire, possano intervenire sui comportamenti scorretti e se necessario emarginare o espellere rapidamente gli operatori indegni. È un compito dal quale lo Stato non può ritrarsi, perché verrebbe meno al patto sociale che lega i cittadini, che si vorrebbe dotati di ampio senso civico, alla comunità di appartenenza.
Tutto questo avviene in un momento in cui il settore assicurativo inizia a dibattere il recepimento, entro febbraio 2018, dell'IDD nel nostro ordinamento giuridico.
UEA sul tema ha organizzato lo scorso novembre, a Roma, un convegno dal quale è emerso come il sistema assicurativo chieda, facendo tesoro dei precedenti, che l'ossatura normativa non sia invasiva e farraginosa come abbiamo visto e "subito", noi intermediari in particolare, negli ultimi anni.
Norme, alle volte anacronistiche e ridondanti che, nella loro applicazione, appesantiscono l'operato di migliaia di soggetti – regolarmente registrati e formati e dotati di buona fede e correttezza - esponendoli al rischio di pesanti sanzioni da parte delle Authority e di ispezioni amministrative delle mandanti che, capziosamente, potrebbero anche sfociare in revoche per giusta causa, a seguito di errori formali senza sostanza di danno.
Tutto ciò mentre parallelamente si sviluppano mercati con operatori che sembrano meglio rispondere ad una società nuova, "liquida", con bisogni che richiedono risposte individuali ed offerte articolate non compatibili con regolamenti eccessivamente puntigliosi.
Già nei lavori al Convegno UEA sui Fondi Sanitari, organizzato all'Università Statale di Milano nel novembre 2014, era emerso come nessuno, neanche gli autorevoli relatori presenti – docenti universitari e ricercatori in materia – potesse accedere ai dati del registro dei Fondi sanitari tenuti dal competente Ministero e come risultasse un controllo poco più che formale sui medesimi. Opacità inspiegabile per organismi pubblici che per loro natura dovrebbero assicurare la massima trasparenza, maggiormente richiesta in un ambito in cui i cittadini hanno un diritto di tutela, quello della salute, costituzionalmente garantito.
Certamente nella fattispecie non ha trovato, inspiegabilmente, applicazione l'articolo 345, comma 3, del Codice delle Assicurazioni Private che avrebbe attratto questi soggetti ai controlli, oggi inesistenti, delle competenti Authority su tutto il loro operare e che sicuramente non rientrano nell'esenzione prevista dalla nuova direttiva IDD.
Così, sei milioni di cittadini – come si ipotizza, in mancanza di dati ufficiali – aderiscono a Casse Mutue che non hanno l'obbligo di pubblicare i bilanci e non devono appostare riserve a garanzia degli impegni economici e finanziari presi con i loro "assicurati". E non parliamo solo delle riserve di senescenza, ma anche di quelle sui sinistri, cui invece tutte le Compagnie assicurative sono tenute per legge, e la cui violazione ha comportato le pesanti condanne sopra richiamate.
Tutto ciò, dopo la riforma del 2012, espone tali cittadini, in caso di default della Mutua di appartenza, al rischio non solo di non avere le prestazioni pattuite e per le quali sono stati versati i contributi, ma in caso di cronicizzazione di una malattia di rimanere a "piedi", cioè fuori sia dal sistema mutualistico privato sia da quello assicurativo (per le esclusioni delle malattie pregresse).
La nuova Direttiva europea è un'occasione per eliminare le asimmetrie distributive appena evidenziate e far sì che gli organi competenti agiscano tempestivamente per il rispetto della legalità con una norma che sia anche legittimata dalla sua concreta "utilità" per una società notevolmente cambiata, in cui le categorie normative che il legislatore adotta spesso faticano ad essere comprese ed applicate.
La IDD ribadisce la centralità dell'intermediario, differenziandone la figura rispetto a tutta una serie di distributori di prodotti assicurativi, ancillari, sottolineando l'importanza della consulenza professionale ed il valore della relazione a tutela degli assicurati, in un mercato sempre più concentrato di grandi gruppi internazionali.
Il recepimento dovrà tener conto di questa irrinunciabile peculiarità identitaria di quegli agenti intermediari che non possono diventare semplici account o meri terminali territoriali dei servizi erogati dalla Compagnia.
Lasciare la centralità della distribuzione agli intermediari professionali permetterà di gestire la digitalizzazione – diktat imperante in tutti i rapporti sociali, assicurazioni comprese – "umanizzando" questi potenti strumenti tecnologici ed evitando che i singoli individui rimangano "ostaggio" degli automatismi del web, vittime di una disintermediazione esasperata anche in ambiti complessi, come quello dei contratti assicurativi. Contratti che, per loro natura, implicano un rapporto fiduciario come promessa, contenuta nell'obbligazione contrattuale, di pagamento o di prestazione di servizi di cui l'intermediario è miglior garante a favore dell'assicurato consumatore.
Molto di come la Direttiva verrà recepita dipenderà anche dal ruolo che noi intermediari saremo in grado di rivendicare.Filippo Gariglio
Consigliere Uea