Il Principe di Machiavelli e la polizza D&O

Il contributo della consigliera Uea sarà ripreso anche sulla rivista Insurance Review - in uscita in questi giorni - che dedica uno speciale alle coperture D&O e Rc professionale

Nella dedica del Principe Machiavelli afferma che il suo bene prezioso è la conoscenza, “la cognizione delle azioni delli uomini grandi, imparata con una lunga esperienza delle cose moderne”. Siamo nel 1500, - il 1513 per esattezza-, ma questo scarto di cinque secoli che ci separa sembra farsi evanescente, fino a scomparire. Soprattutto quando si parla di questioni assicurative legate ai ruoli di potere, appunto, come quelli coinvolti nella polizza D&O (Directors and Officers).

La nascita in piena Depressione
La natura duttile, persino camaleontica, della D&O, che ne fa un elemento particolare nell'ambito dei rami danno, la si deve al suo “atto di nascita”.
La prima copertura a favore degli amministratori fa la sua comparsa negli Stati Uniti d'America in piena Grande Depressione, come risposta all'obbligo normativo sancito dall'US Securities Act del 1933. Vengono sanciti con questo atto obblighi di disclosure per le aziende, che si quotavano in borsa e responsabilità civile per la non correttezza delle informazioni pubblicate. Poiché Oltreoceano come a Londra non era permesso alle imprese di indennizzare i dirigenti, fiutando lo spazio di intervento potenziale, la Società Lloyd's di Londra creò a questo scopo la “Personal Finance Protection Insurance”.
Fu un fiasco.
Ne vennero sottoscritte pochissime.
Il problema però non era nella natura della formula proposta, “visionaria”, intelligente ed estremamente plasmabile, come ogni creazione a firma Lloyd's. In realtà quello che ancora mancava era una cultura sul danno d'impresa. Che invece divenne un concetto estremamente concreto (e costoso) nemmeno vent'anni dopo, quando il boom economico spinse le normative ad evolvere. Complici i numeri vertiginosi dell'economia con il vento in poppa, verso la fine degli anni Sessanta arrivò l'impulso decisivo all'evoluzione di queste formule di tutela come protagoniste di un vero e proprio successo.

E oggi?
Questa storia ci serve per comprendere le potenzialità, i rischi, gli sviluppi, oggi della D&O in Italia. L'Italia che non è l'America, né sotto il profilo normativo, né giuridico, né economico. Ma oggi anche da noi gli obblighi e le responsabilità degli amministratori sono state rese più stringenti e trasparenti e si sono impennate le richieste di risarcimento per danni.
Insomma la cautela ci vuole. E l'attenzione va tenuta alta, molto alta. Un'attenzione che sicuramente ormai c'è in alcuni ambiti produttivi, dove la polizza D&O è più conosciuta, usata per protocollo nella pubblica amministrazione, offerta tra i benefit nelle grandi multinazionali.
Ma siamo sicuri che sia abbastanza? Che ne è della congerie di PMI italiane dove spesso amministrazione e proprietà coincidono, dove l'azienda è non solo di famiglia, ma famiglia a sua volta?

La cautela non è mai abbastanza
Si arriva così al territorio che trovo più stimolante, più d'engangement per noi assicuratori. L'idea è di “democratizzare” questa copertura, ovvero farla entrare nell'orizzonte di pensiero di ogni impresa, qualunque sia la sua dimensione. Lo si ripete spesso: oggi il mercato è il mondo. Allora se questo, come provano i fatti, è vero, ne deriva che senza protezione non si può stare. Perché la cautela è solo uno degli elementi che intervengono nel processo/percorso che conduce poi alla realtà pratica e concreta in cui una decisione assunta si esplica
Ma è qui che ci scontriamo, noi assicuratori italiani, contro uno zoccolo duro. Che è quello dell'esperienza di “veterani” d'azienda, che quell'azienda magari l'hanno fondata, l'hanno vista crescere, espandersi, e che non riescono ancora del tutto a comprendere che in fondo la “creatura” è cresciuta e che ha bisogno di darsi regole nuove, diverse, che ha bisogno di segmentare con decisione lo spazio della proprietà da quello dell'amministrazione, quantomeno tenendone distinti ruoli.
È qui che il canale di intermediazione assicurativa può e deve fare il suo mestiere. E farlo con quell'abilità di fine conoscitore della storia economica di questa compagine emotiva e territoriale che è lo Stivale, ma anche con quella lungimiranza e capacità di intercettare le tendenze che si stanno dipanando. Perché è così che potrà spiegare, convincere, consigliare. Attraverso quella “cognizione delle azioni delli uomini”, che rimane la voce più personale e intrinseca del nostro know-how assicurativo.

Anna Fasoli
consigliere UEA

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