Riflessioni sul Progetto 51 di Allianz

“Per sollevare un peso sì grave, o Sisifo, servirebbe tutto il tuo coraggio” scriveva Charles Baudelaire nei suoi Fiori del Male.

Chissà se anche gli intermediari italiani avranno il medesimo coraggio di stemperare le tante contraddizioni della distribuzione italiana, che procedono a un ritmo il cui metronomo appare oggi quasi un’esclusiva nelle mani delle compagnie e della vigilanza.

Il dott. Giacomo Campora, CEO di Allianz, ha affermato che “tutto dimostra che gli agenti sono il solo vero unico canale distributivo di successo. Eppure non crescono”. È una considerazione non da poco, che va contestualizzata, in un mercato Danni fermo da anni.

Il successo di cui parla il dott. Campora è per differenza di share, nella constatazione che i numerosi canali alternativi (le dirette, le banche, fino all’abbinamento di prodotti assicurativi quali collaterali ad altri prodotti/servizi immessi sul mercato dai recenti quadri F) non hanno avuto ancora nessuno dei due effetti auspicati:

  1. la crescita reale della spesa media pro-capite;
  2. la redistribuzione interna tra i canali, a beneficio soprattutto della produzione diretta, marginalmente meno costosa per l’industria assicurativa e preferibile.

Indagare sui perché ciò stia accadendo è compito di chi guida le compagnie, ma anche di chi quei prodotti ha il compito di distribuire, che oggi si sente sempre più lontano dal proprio futuro, quasi che la sua stessa presenza nella supply chain fosse un male, solo temporaneamente ancora necessario.

Se il mercato non cresce si performa in due modi: sottraendo quote ai competitor, ovvero diminuendo il costo dell’allocazione (pay out) e ciò si ottiene concentrando più portafogli in meno mani e praticando nel contempo i ribassi provvigionali. Ovviamente il terzo, che consiste appunto nella redistribuzione tra canali, non è ancora pronto e quindi si procede con le prime due attività, visto che i risultati si devono fare trimestralmente, poi nelle semestrali, nel bilancio annuale e negli action plan triennali, osservando che pur non crescendo per linee interne “Allianz ha scelto di essere dinamica e veloce, di puntare forte sugli agenti e di guidare il cambiamento”.

Sistemando secondo logica i vari tasselli, si ricava che con il P51 Allianz ritiene di replicare a livello distributivo ciò che essa sta già facendo nel mercato dei fornitori, dove opera per linee esterne acquistando compagnie. Si ricordi che Allianz Bank a guida Campora è cresciuta di molto così e che Allianz SpA ha tutta la forza per farlo.

Certamente il P51 ha indotto a considerazioni giuridiche e metagiuridiche, di attenzione agli interessi della categoria e degli stessi soci di minoranza, sottoposti a dei rischi, quali sono i rinnovi dei patti parasociali, che per loro necessità – a pena di nullità – devono sempre essere connotati da scadenze a termine, con successiva novazione degli stessi. In pratica si sa come si parte ma non si sa cosa succederà dopo. Ed è un rischio per i Responsabili dell’attività di intermediazione anche l’assoggettamento ai deliberati del Comitato di gestione, stanti le materie ad esso assegnate, perché interamente nelle mani di Allianz, che nomina due amministratori su tre e detiene l’intera presidenza dell’organo. Si ricorda, a quest’ultimo proposito, che il presidente di un organo collegiale ha il potere di convocare le riunioni e di fissarne l’ordine del giorno, al fine di deliberare sulle materie di competenza. Che in questo caso sono gli indirizzi di gestione, le politiche commerciali e molto altro ancora, la cui rigorosa osservanza successiva – a pena di possibile inadempimento – può comportare implicazioni soprattutto per i soggetti tenuti all‘osservanza della IDD.

Comunque sia, il tema più sentito di cui ha parlato il CEO di Allianz è quello della capacità di fare investimenti, un vero e proprio plus per chi sceglierà di entrare in un P51. Quindi occorre valutarlo, considerato che il top manager di Allianz ha ovviamente garantito la par condicio assuntiva tra le agenzie P51 e le altre del territorio, che qualora venisse meno sarebbe perseguibile dagli agenti danneggiati. Dunque, a cos’altro fa riferimento il dott. Campora quando cita gli investimenti per crescere?

Lasciamo perdere le considerazioni sui possibili aumenti di capitale nel tempo, che potrebbero rideterminare le quote di partecipazione dei soci, ma che potrebbero comunque incrementare il capitale al servizio della società. E trascuriamo pure il diritto di prelazione di Allianz nel disporre, in esclusiva, delle quote poste in vendita dal socio Responsabile dell’attività di intermediazione uscente, che impatta in termini di diritto di recesso e di articolo 2bis dell’ANA. Tralasciamo pure le differenze tra un P51 nato a seguito dell’azzeramento della società precedente, con liquidazione e nuova rivalsa, rispetto a una mera compravendita di quote, con pagamento al socio venditore e mantenimento in vita della medesima società. Al di là delle differenze, ciò che appare è che non si apporterà un capitale diretto al servizio della società. Quindi cosa rimane?  

Per capirlo va fatto riferimento alla doppia veste in cui può agire la compagnia, quella di mandante e quella di socio di controllo della società-agente. Si sa che le compagnie maggiori offrono ad alcuni loro agenti – rigorosamente monomandatari – dei contributi per l’inserimento di nuovi collaboratori. Ebbene, la doppia veste della compagnia diviene determinante, in quanto tali apporti potranno essere finanziati interamente dalla mandante, con poste che escono dal proprio bilancio ed entrano in quello del conto economico dell’agenzia, per perseguire quella crescita per linee esterne propugnata dal CEO di Allianz. Ciò avverrebbe considerando solo quello che di buono c’è in vendita, ancorché lo sia al piano di sotto, dei portafogli nelle mani degli intermediari concorrenti.

Questi hub o poli, che da tempo erano stati preconizzati dal dott. Campora, saranno non solo fortemente integrati nelle logiche distributive della mandante, imposte dal Comitato di gestione, ma risulteranno soprattutto il mezzo per accrescere le quote di mercato, agendo su base locale e acquisendole da chi detiene portafoglio. Sarà quindi il conto economico delle P51 il destinatario dei contributi da Allianz, per l’apertura di nuove sedi, per l’ammodernamento di quelle esistenti e soprattutto per l’ingaggio di nuovi collaboratori, con portafoglio da trasferire. Parliamo quindi di agenti di altre compagnie e dei loro collaboratori iscritti in E, ai quali verrebbe garantita un’inarrivabile remunerazione, idonea a convincere anche i più refrattari.

Se queste sono le potenziali dinamiche, vediamo ora cosa sia possibile fare.

SNA e gruppi agenti si dicono contrari e certamente combatteranno, ma se tale evoluzione ci sarà comunque, bisognerà agire sul fronte di una formale distinzione tra le diverse tipologie di agente, tra chi opera stabilmente in esclusiva con un’unica compagnia (sia esso P51 oppure no) e chi ha più fornitori, ha scelto soluzioni costose sul piano organizzativo per godere di una maggiore indipendenza, a disposizione dei clienti. Il primo passo, quindi, è l’abolizione delle differenze tra agenti plurimandatari e broker, visto e considerato che entrambi sono remunerati sempre e solo dalle compagnie con cui hanno stabili legami, e tra questi pluri riforniti e i monomandatari.

Su ciò, il combinato disposto tra IDD e D.Lgs 68 di recepimento nazionale, ma soprattutto entrando nel merito su come sia avvenuta la successiva attuazione da parte del regolatore IVASS, c’è un enorme lavoro da fare. Ricordiamo che l’unica distinzione prescrittiva della IDD era (ed è) unicamente quella tra intermediari e intermediari a titolo accessorio e è stabilito solo l’obbligo di comunicare al cliente il proprio status “in tempo utile prima della conclusione di un contratto” specificandogli se gli si “fornisce consulenza sui prodotti assicurativi venduti”.

Lo ripetiamo: in tempo utile e prima della conclusione di un contratto, non una volta per tutte.

Il che ci porta a dire che tutto ciò riguarda la relazione con il singolo cliente, non già quella stabile precondizione definita con le due sezioni principali del RUI (A e B) che prevede una scelta definitiva dell’intermediario, di cui all’art. 119 ter del CAP. Su questo fronte, peraltro, c’è anche una prova indiretta nell’identico obbligo per gli agenti e per i broker (quindi sostanzialmente per chiunque sia intermediario con un’organizzazione sottostante di cui risponde) di “essere in possesso di un’assicurazione per la responsabilità professionale valida in tutto il territorio dell’Unione o di analoga garanzia per i danni derivanti da negligenza nell’esercizio della loro professione”.

Un grande lavoro va fatto dunque nel sensibilizzare il legislatore nazionale sulle difformità interpretative del regolatore IVASS, rispetto all’IDD e alla ratio legislativa europea, per favorire quella chiarezza che si sta intorpidendo sempre più, ora anche con le nuove gerenze retail del P51.

Non ci spaventa qualche “grande negozio monomarca”, perché sapremmo come affrontarlo. Ci spaventa la confusione che esiste oggi e le difficoltà operative per chi non è monomarca. Altro che preventivatore ministeriale e prodotti base, serve pulizia in un mercato dove tutti fanno tutto, spesso sia da agenti monomandatari, sia da segnalatori di pregi di qualche società di brokeraggio, che magari fa sempre riferimento alle stesse persone.

Un ultimo delicato punto.

Aleggia il tema della necessaria unità della categoria, con il corollario che una distinzione tra agenti, in base alle loro libere scelte imprenditoriali, produrrebbe una frattura nei gruppi agenti e anche a livello di rappresentanze sindacali. A mio parere, invece, è il tempo del coraggio verso una modernizzazione delle rappresentanze, perché le esigenze di tutela dell’intermediazione tout court saranno crescenti e porteranno comunque a snodi ineludibili. Ci si ammoderna solo se si cambia, altrimenti si rischia di venire considerati – presto o tardi – assai poco rilevanti.

Allianz ha gettato non una pietra, ma un vero e proprio macigno nello stagno. E ciò ora riguarda tutti, perché è necessario anticipare il tempo, anche solo per rimanerne al passo.

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