Antonio Longo, avvocato e docente presso l'Università della Tuscia di Viterbo, ha proposto una disamina puntuale delle asimmetrie regolatorie che interessano le diverse figure di intermediari, agenti e broker ma anche promotori finanziari, sottolineando come il dovere di sottostare alle stesse regole sia fondamentale per poter garantire i medesimi profili di responsabilità.
Marco Rossetti, consigliere della Corte di Cassazione ha mostrato, raffrontando punto per punto il dettato della nuova Direttiva con il Codice Civile italiano, come i due testi propongano di fatto i medesimi contenuti in termini di “buona fede e correttezza” e comportamento “onesto e imparziale” che già oggi gli intermediari professionali sono tenuti a rispettare. Ciò che la Direttiva ribadisce è il dovere di colmare le asimmetrie informative che caratterizzano il rapporto tra produttori-distributori di assicurazioni e cliente finale.
Da UEA è arrivato un forte richiamo alla funzione sociale dell'intermediario professionale e al fondamento etico dell'istituto assicurativo: nelle parole del consigliere Filippo Gariglio si è espresso il richiamo a non considerare le polizze, neanche la Rc auto, una commodity e a non veicolare il concetto, ancora molto diffuso, dell'intermediazione professionale come un mero aggravio di costi per l'assicurato da eliminare disintermediando il processo di acquisto.
Infine, il presidente UEA Roberto Conforti ha concluso la giornata collegando la tutela del libero mercato e della libera concorrenza – i quali esistono solo in presenza di regole certe e condivise e di controlli stringenti e puntuali effettuati dalle Autorità preposte – alla campagna intrapresa da UEA relativamente all'operato delle Società di Mutuo Soccorso. “Mentre si cerca, faticosamente, di ricomprendere all'interno della nozione di distribuzione assicurativa, e dunque all'interno della legalità, soggetti estranei all'intermediazione professionale, non dobbiamo dimenticarci di chi entra quotidianamente nelle case delle persone per vendere “quote” di società, che garantiscono fondamentalmente delle prestazioni sanitarie, in cambio di una provvigione. Il fatto di non chiamarle polizze, non toglie che queste figure svolgano sostanzialmente la stessa attività di agenti e broker: senza essere tenuti a rispettare infiniti obblighi di informazione, formazione e adeguatezza, senza offrire agli assicurati fondamentali garanzie in termini di professionalità e solvibilità, e senza essere soggetti allo stesso impianto sanzionatorio”.